A volte ho l’occasione di vedere in televisione documentari sul vino. Moltissimi sono tediosi, ripetitivi, scontati e perché no, falsi in quanto lo schema narrativo (per definirlo in qualche modo) non offre la benché minima spontaneitá. Faccio un esempio. Pensate a quando il giornalista o conduttore degusta il vino in compagnia del propietario della cantina esibendo inopportuni gargarismi e sciacqui boccali seguiti da espressioni facciali e vocali ricolme di estasi? Cosa volete dica? Che il vino é una schifezza? Oppure quando i due si cimentano nella classica camminatina tra i filari della vigna e dicono sempre le stesse noiosissime cose tipo “puntiamo sulla qualitá” oppure “vogliamo soddisfare la esigenze del consumatore” con il giornalista che annuisce “interessatissimo” come se si stesse parlando dei misteri di Fatima o della fine del mondo prevista per l’anno prossimo. Ma scusate un poco, se non puntate sulla qualitá del prodotto ed alla soddisfazione delle necessitá dei clienti, di cosa vorreste occuparvi? Insomma.. Peró ogni tanto qualcosa di interessante si trova e si vede.Poco tempo fa sul canale Film & Arts é stato trasmesso un bellissimo documentario che raccontava come vengono venduti i grandi vini francesi a un poderoso merchant du vin come Simon Staples della mitica Berry Bros & Rudd di Londra. Molto divertente ma anche, direi deprimente e perché no fastidioso, difficile da digerire, vedere come il direttore del Chateu francese (forse era il Latour, ma non ne sono sicuro) approfittasse della nomea e del retaggio storico del suo Gran Cru per tentare di imporre al compratore un prezzo assurdo e fuori mercato, senza minimamente prendere in considerazione la qualitá della vendemmia (che tra parentesi nell’anno in cui é stato filmato il documentario fu molto deludente). Dove voglio arrivare con tutta stá storia?
I francesi, ma anche noi italiani e gli spagnoli utilizzano la secolare storia dei propri vini per creare un alto valore aggregato sul prodotto. Benissimo. Nulla da eccepire. La storia c’é ed ovviamente non si puó e non si deve cancellare. Peró gli europei si dimenticano che quella storia é stata in parte cancellata dallo Tsunami (é di moda dirlo) delle vigne: la filossera. Piccolo insetto parassita maledetto dai vignaioli che distrugge senza pietá le piante di vitis vinifera. Questo amichetto ha fatto la sua comparsa ufficiale in Francia nell’anno 1863 e per circa vent’anni ha fatto sfracelli praticamente in tutta l’Europa del vino provocando danni gravissimi. Quasi irreversibili. Il vino europeo fu quasi vicino all’estinzione. Passato lo Tsunami i vignaioli europei ricominciarono tutto daccapo con la cocciutaggine e laboriositá che li contraddistingue. Ripiantarono tutto. Con un accorgimento importantissimo. Innestarono il vitigno su un portainnesto (una base) di vite americana, quest’ultima per sua natura immune alla filossera. Geniale. Forse saprete che la vite é una pianta molto sensibile ai cambiamenti ambientali ed é per questa sua caratteristica che molti esperti sostengono che questa nuova tecnica possa avere in qualche modo modificato parte del carattere che i vitigni avevano sviluppato nel tempo. Sono supposizioni che in ogni caso si basano su un fatto concreto. Il dubbio rimane.
Che c’entra l’Argentina in tutto questo? C’entra..C’entra..!! Succede che nell’anno 1853 (ovvero dieci anni prima del primo focolaio europeo di filossera) arrivarono a Mendoza ed ovviamente vennero piantate, le prime barbatelle di Malbec e Cabernet Sauvignon francesi oltre ad altri vitigni dello stesso paese ed altre barbatelle europee. E succede che in Argentina la filossera non ha mai prodotto effetti devastanti grazie al clima secco nemico acerrimo dell’insetto. In poche parole in Argentina i vitigni francesi ed europei hanno mantenuto caratteristiche pre-filossera. Questa virtú resulta evidente dall’analisi ampelografica delle foglie delle viti argentine che hanno mantenuto una forma molto simile al periodo pre-filosserico e sono abbastanza diverse da quelle degli stessi vitigni europei attuali. Ho avuto modo di vedere le facce sinceramente emozionate, al limite dell’eccitazione, di studiosi della materia venuti dall’Europa, mentre visitavano alcuni vigneti mendozini. Sembravano dei bambini increduli con gli occhi sgranati e pieni di felice stupore che vedevano dei dinosauri. Proprio come in un parco giurassico. L’Argentina é anche questo. Un parco giurassico del vino. Anche lei ha la sua storia ed il suo valore aggregato. Deve solo farlo conoscere meglio e di piú.